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L’Ecuador combatte per la sopravvivenza. Contro le proprie élite

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di Andre Vltchek – da Counterpunch 3-5 luglio 2015

“Gli USA e le élite locali uniti contro l’Ecuador”

Per ignorare l’enorme progresso registrato dall’Ecuador sotto l’attuale governo ci vuole grande determinazione e disciplina.

Nuovi aeroporti, autostrade, ospedali e centri culturali sono dovunque, e sono impressionanti. Le città hanno vasti marciapiedi e i parchi pubblici sono dotati di ogni sorta di spazi di giochi per bambini, alcuni estremamente innovativi.

In alcuni dei parchi ci sono librerie pubbliche, dotate di zone Wi-Fi gratuito. Bus e tram corrono su viali dedicati e sono fortemente sussidiati (25 centesimi a corsa), mentre Quito sta programmando di costruire la sua prima linea della metropolitana.

Il governo pone un forte accento sulla salute, l’istruzione e la cultura.

Vuoi controllare il polso prima di una sgambata nel parco o sei una madre nubile che vuole parlare con un dietista? L’assistenza è sempre disponibile. Non solo presso gli ospedali, ma in piccoli, moderni centri medici. E l’assistenza è sempre gratuita!

Mentre quando vivevo in questa parte del mondo, circa due decenni fa, la maggior parte dei teatri era fuori dalla portata degli indigeni, oggi istituzioni culturali, compreso il Teatro Nazionale, celebrano la grande cultura dei proprietari originari di questa terra. L’85 per cento degli eventi culturali in Ecuador è gratuito e anche quelli che chiedono un qualche biglietto d’ingresso sono fortemente sussidiati.

Ma soprattutto sono la fiducia e l’ottimismo sui volti della gente comune a essere impressionanti. Mentre negli anni ’90 era tutto desolazione e pessimismo, giovani e vecchi proveniente da quartieri un tempo poveri delle città e anche dalla campagna oggi sorridono mostrando forza. E’ di nuovo il loro paese, la loro casa!

***

E’ una grande notizia per la maggioranza dei cittadini ecuadoriani, ma un incubo orrendo per le “élite”.

Non si sentono più uniche, questo paese non è più il loro enorme campo giochi privato e una vacca da mungere. Le “élite” hanno ancora soldi e le loro ville, servitori compresi, auto di lusso e viaggi regolari in quei paesi che servono fedelmente: America del Nord ed Europa.

Ma il loro status si sta riducendo. Non si sentono più ammirate, non sono più temute. Sono sempre più costrette a comportarsi correttamente, a rispettare le leggi locali. Ciò sarebbe stato inimmaginabile solo dieci anni fa. Per alcuni questa è la fine del mondo!

I ricchi, le “élite” sono perdenti rancorosi. In realtà non hanno idea di come accettare la sconfitta. Mai prima nella storia di questo paese hanno effettivamente dovuto farlo. Per loro questa è una realtà nuova, questa nazione retta dal governo, che opera nell’interesse del popolo. Le “élite” si sentono abbattute, ingannate, persino umiliate. Non hanno idea di come rispettare la democrazia (il governo del popolo). Sanno solo come prendere decisioni, e dare ordini, e saccheggiare.

Ciò potrebbe portare a un conflitto inevitabile e l’Ecuador non è un’eccezione.  In misura maggiore o minore lo stesso sta accadendo in Venezuela, Bolivia, Brasile, Argentina, Uruguay e persino in Cile. Immediatamente dopo che il popolo vota un governo socialista, immediatamente dopo che il governo comincia a lavorare per la maggioranza, le élite cominciano a reagire. Il loro obiettivo è chiaro e prevedibile: screditare il governo e invertire il corso delle cose.

Gli attacchi possono essere portati con mezzi “nonviolenti”, tra cui dimostrazioni, campagne di disinformazione attraverso i media di massa e persino scioperi della fame. O possono essere messi in attacco con mezzi estremamente aggressivi: sabotaggio economico, creazione di penuria di beni; cosa che l’estrema destra ha usato con tale successo contro il governo socialista di Salvador Allende in Cile, prima del colpo di stato militare del 1973.

Se tutto il resto fallisce le “élite” uniscono le loro forze con l’esercito e con l’occidente, commettono tradimento e tentano di rovesciare il legittimo governo di sinistra con l’azione diretta.

Questo è successo in numerose occasioni in Venezuela e oggi tale scenario violento potrebbe non essere escluso in Ecuador e altrove.

***

Ultimamente in Ecuador “élite” di destra stanno continuamente manifestando contro il governo, accusandolo di corruzione e di altri mali.

Il capitolo più recente è stato collegato alla proposta di legge di un’imposta progressiva di successione, che imporrebbe a chi possieda case del valore di oltre un milione di dollari di pagare il 70 per cento allo stato. I poveri non pagherebbero nulla, se le loro case costano meno di 35.000 dollari. Quelli le cui abitazioni sono valutate meno di 100.000 dollari pagherebbero pochissimo.

I ricchi ecuadoriani considerano ciò inaccettabile. Hanno cominciato a molestare gli uffici governativi. Hanno protestato in tutta la capitale. Hanno lanciato un’enorme campagna di propaganda contro il governo. E hanno minacciato di rovinare la visita in Ecuador di papa Francesco. Temendo un enorme scandalo il governo ha rimandato l’approvazione della legge. Ciò ha calmato le passioni per un giorno o due ma immediatamente i dimostranti sono tornati in piazza a Quito.

“Non ci daremo pace fino a quando questo governo non crollerà!” mi ha detto un uomo che conduceva la sua famiglia a uno dei luoghi della protesta. L’intera famiglia vestita di nero, croci pendenti sul petto.

E poi di nuovo, prima di lasciare l’Ecuador, sono stato avvicinato da una famiglia benestante mentre mi stavo dirigendo in albergo.

“Per favore, nostra figlia sta scrivendo un saggio in inglese … Sono i suoi compiti per casa, per il corso d’inglese … scuola privata, sa … Le è stato chiesto di avvicinare uno straniero e di incoraggiarlo a descrivere tutto ciò che di negativo sta accadendo in questo paese”.

Come sapevano che ero uno straniero? Già, avevo in mano un romanzo scritto in inglese.

Ho dato una pacchetta sulla testa della loro figlia della scuola privata.

“Ti insegnerò una bella canzone”, ho detto, in spagnolo.

Poi ho teso il pugno destro e ho cominciato a cantare “L’Internazionale”, in russo.

Sono fuggiti orripilati. Un passante ha applaudito.

***

La corruzione è uno dei principali slogan delle “élite”. Affermano che il governo amministra male il paese.

Possono farla franca con affermazioni simili solo perché controllano i media di massa: la maggior parte delle reti televisive e dei giornali. Diversamente il paese morirebbe dal ridere.

Quando era al potere, la destra ha arraffato ogni cosa. Come in Paraguay, dove il 2 per cento della popolazione controlla ancora più del 75 per cento della terra. Come in Cile dove, dopo che Pinochet fu abbattuto, il suo paese ha sofferto la più grande disparità di reddito dell’America del Sud. Come in Venezuela dove, prima che Hugo Chavez divenisse presidente, le “élite” si erano impossessate di miliardi, usando come depositi di petrolio come garanzia per prestiti folli allegramente offerti dall’occidente e dalle sue istituzioni. Corruzione e furto sono stati sinonimi della classe superiore, dovunque in America Latina.

Non andrebbe dimenticato che John Perkins, autore di “Confessioni di un sicario economico” operava in effetti principalmente in Ecuador e in Indonesia, dove distribuiva sesso, alcol e contanti come strumenti per persuadere le élite locali a sottoscrivere una quantità sempre maggiore di prestiti non necessari, perché una nazione indebitata è facile da controllare da parte di Washington e di Londra.

Intere nazioni, compreso l’Ecuador, sono state rapinate, saccheggiate, costrette a un perpetuo sottosviluppo. Da chi? Da quelle dannate élite che oggi parlano di corruzione nei ranghi del governo!

Invece di essere grate di non essere sottoposte a processo per tradimento, le “élite” in luoghi come l’Ecuador sono oggi, ancora una volta, all’offensiva, vendendo le loro anime e il loro paese all’Impero!

***

Nella città indigena di Riobamba parlo con Pablo Narvaez, responsabile della cultura, e con sua moglie Carina.

Pablo e Carina hanno creato una commovente orchestra giovanile regionale, non diversa da quelle del Venezuela. Ma qui hanno cominciato praticamente senza aiuti, addestrando ragazzi e ragazze poveri dei villaggi, trasformandoli in musicisti professionisti impressionanti.

La locale casa della cultura, sotto la loro gestione, è imponente come edificio ma principalmente per quello che offre: arte di elevata qualità, prevalentemente politica: maiali che divorano dollari in banconota, mentre bambini indigeni poveri stanno a guardare disperati e arrabbiati. In un’altra stanza un grande dipinto satirico mostra che i popoli indigeni dell’Amazzonia non sono più puri, intenti a digitare sui loro computer VAIO e sui loro cellulari.

Dopo aver parlato di arte locale ci dirigiamo al mercato dove innumerevoli donne impudenti servono la prelibatezza locale: maialini da latte.

“Ehi!” gridano a me e al mio amico Walter Bustos, che ha fatto parte del governo e che è tuttora profondamente impegnato nel ‘processo’: “ Mangia il mio maiale e poi sposami!”

Non sono più donne indigene timide e depresse. Sono buone matrone sicure di sé che vivono nel paese che ha ridato loro la dignità, e il senso dell’umorismo.

Pablo, in origine pianista concertista e docente, non segue sempre la stessa linea politica del presidente dell’Ecuador, ma vanno d’accordo su molte cose:

“Ideologicamente io vengo dalla sinistra. Ma non appartengo ad alcun partito politico. Siamo tutti esseri umani e io credo intuitivamente nell’uguaglianza. Condivido le mie convinzioni con il governo, quando si tratta di inclusività sociale e di istruzione, così come di infrastrutture. Il processo è lungo; dovremo essere pazienti…”

Parliamo del progresso che è già stato realizzato: grandi miglioramenti nella sanità, nella fornitura di acqua ed elettricità, nell’istruzione e nella cultura.

Riobamba ha solo più di 200.000 abitanti. Prima che arrivassero Pablo e sua moglie la città aveva ogni anno cinquanta eventi.

“Oggi organizziamo più di 750 eventi l’anno”, dice Pablo. “Utilizziamo tutte le strutture che abbiamo qui: teatri, musei, persino chiese … Anche i mercati, e le piazze pubbliche.”

La cultura e le arti sono sempre state una parte importante delle rivoluzioni latinoamericane. In questo continente non si tratta soltanto di ideologia, idee e duro lavoro; si tratta anche di cuore e di sogni.

“E per quanto riguarda le tasse?” chiedo, prima che ci separiamo. So che Carina lavorava in questo settore. Le ho detto che arrivando a Riobamba mi sono fermato in un paese dove la gente si lamentava persino di una tassazione simbolica di un dollaro al mese.

Carina sorride: “Le tasse sono sempre esistite. Ho lavorato alla loro esazione. Ma oggi stanno formalizzando il sistema fiscale. Qui, fino a ora, non c’era una ‘cultura’ di pagamento delle tasse, formalmente …”

E questo è ciò che la destra sta utilizzando per i suoi profitti politici. La sua propaganda urla: “Fateci vincere e non pagherete nulla!” Osano dire questo a quei poveri che hanno derubato per secoli!

Prima che partiamo l’orchestra giovanile fa risuonare una vecchia canzone tradizionale Quechua per festeggiare la nostra visita. E’ tutto toccante e ci sentiamo ottimisti.

Pablo mi dà numerosi libri di poesia pubblicati a Riobamba, suoi e di altri poeti. Sono tutti pubblicati in due lingue: in spagnolo e nella lingua locale, il Quechua.

Ci ridirigiamo a Quito, parte del nostro lungo viaggio, su una perfetta nuova autostrada a sei corsie.

La campagna è splendida. A sinistra lo spettacolare vulcano Cotopaxi, uno dei più alti del mondo, cela tra le nuvole la sua vetta coperta di neve. L’Ecuador, dice spesso il presidente Correa, è come un paradiso in terra. Ha alte montagne, una costa magnifica, la giungla del bacino amazzonico e le Isole Galapagos, traboccanti di fauna e flora primordiale.

Ha anche grandi risorse naturali. Se non ci fosse il sabotaggio delle “élite”, se non ci fossero interventi dell’occidente, questo paese potrebbe continuare a fiorire sotto un governo socialista progressista e orientato al popolo.

E tutto questo potrebbe crollare, se non difeso!

***

Di nuovo a Quito, parlo con Sonya Maria Bustos e suo marito Norberto Fuertes, entrambi giornalisti, che ora lavorano presso il magnifico Centro Culturale Ecuadoriano.

Mi offrono di mettermi in contatto con alcuni dirigenti governativi di vertice, tra cui Oscar Bonillo, il segretario generale di Allianza.

Rifiuto. La prossima volta sì, ma nel corso di questa visita voglio viaggiare per vedere con i miei occhi; voglio ascoltare direttamente quello che il popolo dell’Ecuador ha da dire.

Sonya è triste:

“A causa delle ‘élite’ il paese è oggi instabile, nonostante il fatto che così tante cose sono cambiate in meglio! Niente più ospedali pieni di bambini poveri! Ricordi? Prima i malati erano dovunque! Nuovi ospedali stanno sorgendo in tutto il paese. Ma alcuni dei ricchissimi stanno cercando di penetrare nel governo, di infiltrarlo … Per fermare il progresso …”

Fa una pausa. Entrambi siamo persi in riflessioni. Poi continua:

“Oggi i ricchi scendono dai loro Hummer per protestare. Otto anni di grande progresso ma loro continuano a protestare. Non hanno il senso della vergogna … Persone come Guillermo Lasso, che decisamente ha un qualche genere di contratto con gli Stati Uniti …”

***

La mia amica Tamara Pearson, una giornalista australiana che ha trascorso molti anni a vivere in Venezuela e a scriverne, lavora ora per TeleSUR a Quito. Come me è impressionata dagli sviluppi in Ecuador, sotto Correa:

“Se chiedi alle persone in Ecuador, a Quito, nelle grandi e piccole città circostanti, che cosa provano nei confronti del governo attuale, quasi tutte sono favorevoli, in forte contrasto con la gente in Honduras e in Guatemala, ad esempio. Spesso la prima cosa che citeranno saranno le strade: molte delle infrastrutture sono state migliorate e le strade significano molto per numerose comunità, molte delle quali indigene, che erano tagliate fuori e isolate con solo strade di terra battuta, spesso interrotte da frane causate dalla pioggia costante, per collegarle a città più grandi e a fornitori di cibo e gas. Anche se c’è ancora molto da fare, la povertà è diminuita, si è ridotta notevolmente la corruzione e la gente sente che le cose sono oneste, dignitose e stabili e vuole che ciò continui. La maggior parte ricorda gli avidi presidenti del passato che mentivano e rubavano e, diversamente da Correa, non parlavano Quechua e non vuole tornare a quei giorni. Come Chavez, Correa ha il suo programma televisivo settimanale (anche se di sabato, qui; in Venezuela era la domenica mattina). Il programma va avanti per ore e Correa affronta problemi e offre informazioni su ciò che il governo sta facendo. Alla fine è offerta una sintesi in Quechua. Anche se qui c’è una spinta alla partecipazione politica molto minore che in Venezuela – direi quasi nessuna – è chiaro che questo è un governo che mette la gente al primo posto, la maggioranza povera per prima, e Correa almeno dà priorità a informare il popolo di quanto il governo sta facendo, qualcosa che, ad esempio, il governo australiano non si è mai preso il disturbo di fare”.

Ma molti altri, tra cui Walter Bustos, sono preoccupati per il futuro. Walter teme che il presidente Correa non abbia l’esercito a coprirgli le spalle. Teme anche che la dollarizzazione dell’economia ecuadoriana potrebbe dimostrarsi un punto debole per la resistenza politica all’occidente. Teme che molti giovani si stiano trasformando in tecnocrati e che alla fine, fintanto che manterranno i loro buoni posti di lavoro, non importerà loro per chi stanno lavorando, per Correa o per qualcun altro.

La sua amica Paola Pabon, parlamentare rappresentante di Pichincha, è anche lei preoccupata. Sostiene il presidente Correa e lo considera un grande leader regionale, ma ammette anche che la rivoluzione ecuadoriana è fragile e che c’è mancanza di unità tra governo ed esercito.

Entrambi concordano che dietro le recenti proteste ci sono gli Stati Uniti.

***

Alla fine del mio lavoro in Ecuador volo a Cuenca, a quella magnifica città coloniale, e da lì noleggio un’auto e mi reco al centro delle terre Cañar, a Ingapirca, dove un massiccio castello Inca domina ancora un paesaggio dolce e dove gli antichi sistemi stradali Inca e pre-Inca collegano tuttora paesi e villaggi.

Viaggia con me Miguel, un compagno locale. Egli anche traduce quando entriamo in villaggi persi nel fondo delle valli o che abbracciano ripide colline verdi.

“Gli spagnoli hanno derubato tutti qui”, mi è detto. “Si sono presi ogni cosa. Hanno distrutto castelli e insediamenti. Poi il capitalismo si è preso il resto.”

“Sono stati forzati al cristianesimo”, dico. “Sono stati rovinati dal cristianesimo. Ci credono ancora davvero?”

Mi è detto che per la maggioranza qui il cristianesimo è solo un rituale. La gente non vi attribuisce più molta importanza. La vita va avanti e la loro cultura originale sta nuovamente prevalendo”.

Vicino a Ingapirca assisto alla celebrazione dell’Inti Raymi, la “Festa del Sole”, che risale all’Impero Inca.

Mi parlano di decisi progetti e piani governativi per l’acqua potabile e di miglioramenti sia nella sanità sia nell’istruzione. La maggior parte delle persone qui, così come attorno a Riobamba, stanno beneficiando di questi cambiamenti rivoluzionari.

Ma molti non sono capaci di esprimere sostegno a Correa. Danno per scontati i recenti sviluppi.

E Correa e i suoi uomini e donne non sono molto bravi quanto alla propaganda, o quando al mobilitare la gente, decisamente non bravi quanto era il presidente Chavez in Venezuela.

Qui la rivoluzione è gentile e timida, come l’accento del popolo Cañari, vicino a Cuenca.

E qui sta il pericolo.

Le “élite” equadoriane non sono gentili per niente. La loro arroganza, avidità ed egoismo sono pronti a schiacciare tutte le conquiste della rivoluzione. Il loro messaggio è chiaro: all’inferno il popolo ecuadoriano, specialmente i poveri, fintanto che noi possiamo conservare le nostre ville, Hummer e mandare i nostri piccoli in quelle scuole private!

Proprio di recente il presidente Correa ha avvertito che sta per essere messo in atto il piano per destabilizzare il governo.

I leader dell’”opposizione” non aspetteranno fino all’arrivo di papa Francesco, o forse attenderanno più a lungo, fino alla sua partenza dall’Ecuador. Poi colpiranno. E colpiranno duro. Il sindaco di Quito guida le forze antigovernative nella capitale.

Il governo non dovrebbe seguire il percorso del presidente Allende. Deve contrattaccare, prima che sia troppo tardi! Il tradimento è un crimine grave in tutte le società. E tradimento è esattamente ciò che le élite ecuadoriane stanno commettendo oggi!

Bambini in un parco pubblico

Bambini in un parco pubblico

Mostre pubbliche

Mostre pubbliche

Prove di giovani ballerini

Prove di giovani ballerini

"Compra il mio maiale e sposami"

“Compra il mio maiale e sposami”

Orchestra giovanile a Riobamba

Orchestra giovanile a Riobamba

Per questi bambini all'Ecuador non dovrebbe essere permesso di fallire

Per questi bambini all’Ecuador non dovrebbe essere permesso di fallire

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Posto medico pubblico gratuito

Posto medico pubblico gratuito

Andre Vltchek è un filosofo, romanziere, regista e giornalista d’inchiesta. Ha seguito guerre e conflitti in dozzine di paesi. I suoi libri più recenti sono “Exposing Lies of the Empire [Smascheramento delle menzogne dell’Impero] e “Fighting Against Western Imperialism[Lotta contro l’imperialismo occidentale]. La sua discussione con Noam Chomsky “On Western Terrorism[Sul terrorismo occidentale]. Point of No Return[Punto di non ritorno] è il suo romanzo politico acclamato dalla critica. Oceania – un libro sull’imperialismo occidentale nel Pacifico meridionale. Il suo libro provocatorio sull’Indonesia: “Indonesia – The Archipelago of Fear[Indonesia, l’arcipelago della paura]. Andre realizza documentari per teleSUR e Press TV. Dopo aver vissuto per molti anni in America Latina e in Oceania, Vltchek attualmente risiede e lavora in Asia Orientale e in Medio Oriente. Può essere raggiunto sul suo sito web o su Twitter.

Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Originale: http://www.counterpunch.org/2015/07/03/ecuador-fights-for-survival-against-its-elites/

traduzione di Giuseppe Volpe

Traduzione © 2015 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0

 


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